Le tre linee di difesa del copyright

Ho seguito e partecipato al dibattito sul copyright per anni, e sono giunto alla conclusione che ci sono alcuni schemi che si ripetono. Grosso modo si può dire che ci sono tre linee di difesa: una che fa appello alle emozioni, una che fa appello al pragmatismo, e una che fa appello a un senso di responsabilità. Ho intenzione di cogliere l’occasione e provare suddividerle.

La prima linea di difesa sono gli artisti, mandati come carne da macello per fare appello alle nostre emozioni. Sono sempre strazianti le storie degli artisti di talento che impegnano le loro anime nel loro lavoro e là fuori non riescono a fare una vita decente. Ma indovinate un po’? Non è mai stato facile essere un artista. Volete un reddito sicuro? Cercate un impiego dalle nove alle cinque.
Credo che Henry Rollins lo abbia spiegato meglio, quando in un’intervista sui tempi nei quali suonava con i Black Flag, ha detto “E forse hai saltato qualche pasto, o la polizia è arrivata per bloccare lo spettacolo, ma amico, non stavi cucinando hamburger e non stavi riempiendo coppette di gelato, e questo va detto”. Il punto qui è, che tutto è una questione di compromessi. O hai un lavoro noioso che ti garantisce un reddito e nel tempo libero scrivi o dipingi o fai qualunque sia l’arte che preferisci, o si sceglie di farlo a tempo pieno e ci si deve aspettare di saltare qualche pasto. In realtà guadagnarsi da vivere facendo qualcosa che ami fare è un lusso. La fabbrica in cui mi guadagno la mia paga non mi paga perché lavorare è divertente. Mi pagano perché non lo è! Se fosse stato divertente avrei lavorato gratis. Ed è per questo che gli artisti hanno difficoltà a essere pagati, perché hanno una forza contrattuale circa pari a zero. Tutti quelli con i quali contrattano: proprietari di club, case discografiche, editori, eccetera, fanno leva su di te come artista, perché alla fine, tu ti esibirai a prescindere dalla retribuzione. Potrai esibirti per la birra gratis nel bar e addirittura pagherai per essere pubblicato solo per la sola soddisfazione di essere pubblicato. Questa è la verità per la maggior parte degli artisti, e questo è il motivo per cui nelle loro tasche finisce una parte così piccola del denaro dell’industria del copyright. Ma il copyright fa molto poco, se fa qualcosa, per migliorare la situazione degli artisti.

La seconda linea di difesa è l’industria stessa. L’argomento è che si tratta di un settore che coinvolge un sacco di gente e se vanno fuori mercato, ci si può trovare tra le mani una situazione grave, con migliaia e migliaia di posti di lavoro persi. Questo argomento ha i suoi punti, e per una persona ragionevole che non agisce solo sulle emozioni e supera quindi la prima linea di difesa, questo è un po’ più complicato. Anche se non ti piace l’industria del copyright, il puro pragmatismo può portare a pensare che la depressione economica è ancora peggio. Ma non preoccupatevi. L’ industria del copyright sta bene e non andranno fuori mercato in un futuro prevedibile. E anche se lo facessero, beh, succede. Le cose diventano obsolete in continuazione. Può essere tragico per alcuni casi personali, e può avere effetto sulle comunità fortemente dipendenti dal materiale protetto dal copyright.
Potrebbe far diventare Hollywood una città fantasma, il che sarebbe abbastanza divertente. In questo caso credo che il copyright funzioni – semplicemente non credo che sia un bene. Assicurare alle aziende un reddito a lungo termine per un successo di breve durata, mantiene a bada la concorrenza perché possedere la licenza di un lavoro significa che è possibile rifarlo ancora e ancora, mentre altri hanno bisogno di mettere il loro impegno per inventarsi qualcosa di nuovo. E c’è sempre la possibilità di citare in giudizio qualcuno. La parte più spaventosa dell’industria del copyright che fallisce sarebbero tutti quegli avvocati aziendali disoccupati. Che ti rincorrono per strada offrendoti i loro servizi, buttandosi davanti alla tua auto al semaforo per la disperazione. Se dai qualcosa da mangiare ad un avvocato senza tetto, gli andrà di traverso e vi farà causa. Sarà una apocalisse di zombie in giacca e cravatta!

La terza linea di difesa è l’affermazione “senza diritti d’autore, non ci sarà cultura”. Questo argomento fa appello a un senso di responsabilità, come farebbe una questione ambientale. E mentre potrebbe, o dovrebbe, essere difficile per un politico nascondersi dietro la seconda linea perché la politica non dovrebbe occuparsi di come mantenere in vita un settore, ed è ancora più difficile nascondersi dietro la prima linea per la stessa ragione, questo è l’argomento dietro il quale i politici possono trincerarsi. Perché sembra moralmente giusto. Dobbiamo rispettare il diritto d’autore, per i nostri figli. Vogliamo che anche le generazioni future godano della cultura, giusto? Un mondo senza cultura, senza le belle arti e l’intrattenimento, che futuro orribile che sarebbe.

Naturalmente, questa è una completa e totale stronzata. Le opere culturali sono state create molto prima di quando il copyright sia stato mai inventato. E continueranno ad essere create, anche se domani tutte le leggi sul copyright verranno gettate all’immondezza. Anche se non ci fosse neanche all’inferno la possibilità di guadagnare un centesimo dalle vostre opere, non farebbe nemmeno una ammaccatura nel flusso della cultura. La gente continuerà a produrre cultura. Come faccio a saperlo? Perché Internet ne è pieno. Blog, YouTube, eccetera. Da semplici giochi di parole e gattini a film incredibilmente ben prodotti – è tutta una cultura ed è tutto creato senza che ci siano soldi che passano da una mano all’altra. Questo può sembrare sconvolgente per i Lars Ulrichs in tutto il mondo, ma per tutti noi non è un mistero.

La semplice spiegazione è che esprimere se stessi è una spinta molto più importante del denaro. Questo è anche il motivo per cui la gente continua a remixare cultura creando nuova cultura, pur sapendo che si potrebbe essere citati in giudizio. O in casi ancora peggiori , perché la gente continua ad esprimersi e creare cultura nei luoghi nei quali il regime potrebbe schiacciarli per averlo fatto. Ci sono alcune voci nel dibattito che portano le persone a credere che il denaro sia la spinta superiore nella creazione della cultura. E mentre questo può essere vero per loro, non lo è per il resto di noi. Per noi si tratta di esprimere noi stessi, ricevere una pacca sulla schiena per lo sforzo. Riguarda la soddisfazione di aver creato qualcosa. Quando vedo un articolo che ho scritto che viene condiviso non digrigno i denti per tutti i soldi che non ne sto facendo (o il denaro che sto perdendo, come si suol dire). Ho una calda sensazione di orgoglio e soddisfazione per il fatto che le mie parole, i miei pensieri circolano, e che alla gente evidentemente piacciono. E ogni volta io cresco di un centimetro. Se le persone dovessero pagare per ciò che scrivo, è probabile che non lo farebbero, e mi verrebbero a mancare quei quindici minuti di fama di, ad essere onesti, compiacenza. E continuerei ancora andare a lavorare il Lunedi, ma senza quel centimetro in più che mi fa passare la giornata.

Per il copyright non si è mai trattato di garantire che gli artisti vengano pagati. Se lo fosse, dovrebbe essere considerato un fallimento epico, come dimostra l’articolo di Rick dell’altro giorno. Né è stato messo in atto per garantire che una quantità adeguata di cultura venga creata. Se lo fosse, vorrebbe dire nessuno ha creato nulla culturalmente degno di nota prima che il copyright fosse stato inventato. Ci sono gallerie in Francia che dicono il contrario. Il copyright ha avuto origine da una forma di censura. Esso deriva dai monopoli forniti dallo stato alle imprese autorizzate ad effettuare copie. Da qui la parola copyright. Ad essere onesti, le leggi sul copyright sono cambiate da allora e, mentre continuano ad essere selvaggiamente inefficaci, si può dire che proteggano gli interessi dei titolari dei diritti. Ma è ancora un monopolio dato dallo stato, ed è ancora efficace come strumento di censura. Quindi, ecco la domanda da un milione di dollari: se si sa che il copyright alla sua origine era una forma di censura, e si si accetta l’affermazione che la cultura non verrebbe creata senza copyright, perché il copyright sarebbe mai stato inventato? Perché ci sarebbe stato bisogno di copyright se ciò per cui è stato creato era far tacere gli autori – ma poi ha finito per proteggerli – non c’è mai stato sin dall’inizio? Riesci a seguirmi?

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